I piccioni fanno parte delle cosiddette specie “sinantrope”, cioè di quegli animali che convivono con l’Uomo.
Ultimamente la loro proliferazione ha portato ad una vera e propria campagna “anti-piccione”, che sta arrivando anche all’uccisione di molti di loro o al tentativo di decimarli di alcuni Comuni.
In realtà, si dovrebbero rimuovere i motivi alla base della presenza eccessiva di questi uccelli, anzi, tale presenza risulta dannosa pure per gli stessi piccioni, in quanto i giovani restano nei siti di nidificazione sei genitori, creando delle colonie immense di “cugini”, debolissime geneticamente, invece di migrare verso altri siti e aggregarsi ad altre popolazioni.
Principalmente, il problema sono le nostre città e la nostra sporcizia. In città che hanno adottato un’educazione civica ferrea, tale problema non sussiste. Merendine gettate per terra dai bambini, immondizia non rimossa, cassonetti che tracimano costituiscono una inesauribile fonte di alimentazione per degli animali estremamente intelligenti e adattabili. Il vivere nella sporcizia, alimentarsi con cibi non troppo ortodossi e lo scarso ricambio genetico, rendono il piccione “cittadino” quasi sempre malato, o meglio, si rompe quell’equilibrio precario con cui tutti gli uccelli convivono con i parassiti.
A questo si unisce il fatto che il guano di qualsiasi uccello sia molto corrosivo, e danneggi irreparabilmente monumenti e palazzi.
In realtà, i piccioni vivono in gruppi molto complessi, hanno una vita sociale molto attiva e una capacità di elaborare dati enorme. Inoltre, sono degli eccellenti volatori: un falco pellegrino, in natura, manca nove piccioni su dieci.
Le colonie hanno luoghi dove mangiano, altri dove riposano, altri dove si toelettano, altri dove dormono e altri dove nidificano. I piccoli vengono alimentati con una sorta di secrezione del gozzo, molto proteica, chiamato “latte di piccione”, e in breve arrivano alla taglia di un adulto. Si riproducono maggiormente in primavera/estate, ma in realtà ogni mese depongono nuove uova. Sono monogami e la colonia è talmente organizzata, da reagire all’unisono alla presenza di un predatore, cercando di portarlo lontano dal sito di nidificazione e dal luogo di insediamento. I più abili volatori fingono un volo “malato” in modo da spingere il cacciatore ad inseguirli, credendoli prede facili, salvo poi accelerare e portarlo il più lontano possibile: un pellegrino selvatico che sbaglia troppe picchiate, muore inesorabilmente, visto che il dispendio energetico per alzarsi e picchiare è enorme.
La loro vista, poi, non ha nulla da invidiare a quella dei rapaci, e riescono a mettere a fuoco contemporaneamente sia da vicino che da lontano, e con un campo visivo molto maggiore del nostro. Ce ne sono moltissime specie, ma quello presente nelle città è il “piccione torraiolo”, dalla colorazione grigia-sfumata tipica; quella dei maschi è simile a quella delle femmine, e si distinguono per grandezza e forma della testa; sono spesso presenti soggetti bianchi o bianco-grigi, nati dall’ibridazione con piccioni viaggiatori distaccatisi da qualche piccionaia.
In natura si nutrirebbero di granaglie e, potendo, amerebbero farsi il bagno nell’acqua pulita.
I piccioni che popolano le città, quelli più cosmopoliti, sono i cosiddetti “piccioni torraioli”. Sono la stessa specie in tutta europa, ma la loro dimensione può variare sostanzialmente da zona a zona. Diverso invece il colombaccio, anche se ugualmente presente sul territorio ma in zone di campagna: molto più grande e di colorazione diversa, meno propenso a formare grandi gruppi se non per la migrazione.
Sono state cercate varie soluzioni per far diminuire la popolazione di piccioni presenti nelle città, alcune davvero poco ortodosse. Tra le prime soluzioni, vietare il sostentamento da parte dei cittadini (quindi, si rischia una multa salata a buttare il pane dalle finestre o a dargli il grano nei parchi cittadini). Considerata la quantità di cibo di cui ha bisogno un piccione, specie in inverno, il poco che gli dava il comune cittadino non era sufficiente di certo a sostentare una colonia nè, tanto meno, a dare ai giovani un motivo per rimanere. Eliminare tali fonti di sostentamento, le uniche per altro “sane” e date da cibo consono alla loro natura, li ha solo portati a non sostare più in massa in alcuni punti della città visti come “mangiatoie”, ma a cercarne di altri. L’alimentazione da eliminare dovrebbe essere quella costituita dall’immondizia e dal cosiddetto “junk food” abbandonato per strada: quindi, educazione civica del cittadino e igiene cittadino da parte dei comuni.
Un’altra ipotesi molto gettonata è stata la sterilizzazione tramite distribuzione di un farmaco che bloccava l’ovulazione delle femmine: i Comuni che hanno tentato questa strada si sono trovati davanti a dei prodotti testati nelle piccionaie e di cui non si sapeva esattamente il dosaggio per le colonie cittadine; che prevedevano quatto anni di somministrazione per ridurre del 60% la colonia, senza tener conto che prima o poi, alla fine della somministrazione, le coppie avrebbero ricominciato a riprodursi, con una covata al mese, tornando al punto di prima; e che questi sterilizzanti vengono mangiati anche da altri uccelli. Questi farmaci poi vengono assunti indirettamente anche dai predatori che si cibano di topi e uccelli. Molte ditte proponevano anche la soppressione “solo” dei piccioni malati, che andrebbero invece curati. Alcuni prodotti proprio non funzionavano, e poi c’era il problema di assumere il personale che si sarebbe occupato della distribuzione.
Poi ci sono i metodi crudeli oltre che inutili, come l’uccisione di consistenti numeri di piccioni, o il gettare per terra i nidi con i piccoli. Oltre ad un problema etico, la natura ha previsto anche la perdita dei piccoli o la diminuzione drastica della colonia, e l’unica reazione dell’animale è ricominciare a nidificare e a riprodursi. In più, oltre all’inutilità e alla crudeltà, non sapendo quali animali vengono uccisi, si rischia di uccidere i giovani (più fiduciosi e sprovveduti) e di lasciare le coppie anziane, che sono quelle motivate a restare sul territorio. Anche la cattura con le gabbie e la successiva uccisione con metodi “indolore” (sempre uccisione è…) rientra tra queste modalità di intervento.
In ultimo ci sono i cosiddetti “pioli”, che dovrebbero impedire ai piccioni di posarsi. Abbiamo visto nidi costruiti sfruttando proprio queste strutture metalliche: il piccione è davvero un animale adattabile!
Le malattie
In un Paese dove l’idiosincrasia per le malattie sta raggiungendo il suo apice, la motivazione più sentita per eliminare i piccioni è che sono portatori di moltissime malattie.
A parte il fatto che non ho mai sentito di casi di persone che le abbiano contratte a causa della semplice presenza dei piccioni, ma le malattie sono le stesse di qualsiasi altro volatile, dal pappagallino all’aquila reale.
Buona parte degli animali convive con dei parassiti (o anche con microorganismi), in una sorta di equilibrio stabile tra parassita e ospite. Pensiamo anche solo ai cavalli, o alla nostra “flora batterica”… Il problema sorge quando, a causa delle scarse condizioni igieniche del luogo in cui vivono e alla debolezza soggettiva o data dall’alimentazione scorretta, questo equilibrio viene rotto, e l’animale ospite viene soverchiato -e alla fine ucciso- dai parassiti.
I più comuni sono gli acari, e basterebbe una spruzzata di prodotto specifico per eliminarne l’eccesso (poter monitorare le colonie e non avere degli aniamli che temono l’Uomo potrebbe servire anche a sottoporli periodicamente a questi trattamenti): rovinano le penne “mangiandole”.
Poi ci sono i coccidi, a cui possono essere soggetti anche i cani. Personalmente ho sei cani che convivono con i rapaci e nessuno di loro li ha mai contratti; inoltre, sono presenti anche nelle pecore e capre. Se un animale domestico li contrae, è più probabile che sia a seguito di una gita in campagna e all’aver mangiato feci di ruminanti selvatici e non. Per i piccioni basta mettere nell’acqua che viene bevuta dagli animali un anticoccidico.
La tricomoniasi è una forma di infezione micotica del gozzo, che consiste in delle placche (di solito su lingua-becco-cavo orale) e che, quando si staccano, portano con sè il pezzo di carne a cui erano attaccate, uccidendo l’animale. Anche per questa malattia la soluzione è molto semplice ed economica: il medicinale risolutivo è ad uso umano per la candidosi e ha un costo irrisorio.
Il guano poi è estremamente corrosivo, ma in realtà è la sua quantità ad essere preoccupante: è l’ammoniaca che danneggia i palazzi, così come la pipì dei cani sulle colonne di marmo. Solo che la quantità di piccioni e la mancata pulizia costante (con un numero ridotto di piccioni basterebbero le pioggie periodiche) rendono gli accumuli di guano estremamente dannosi e difficili da rimuovere.
Alessandro Vicini